4. Sinai: nelle tende dei beduini

Penisola del Sinai – 07-13 marzo 2008

Il
Viaggio

In partenza per il Sinai. L’emozione per le cose nuove, in me, quasi sempre prende le forme dell’insicurezza. Perché? Ancora non l’ho capito che me la sono sempre cavata?

Deserto giallo fuori il Cairo, e bianco subito dopo il Canale di Suez, costeggiando il Mar Rosso; e poi più aspro e rosso verso l’interno, con montagne dai fianchi stratificati. Qualche cammello ci taglia la strada.

Lungo viaggio verso Al Arish, con pausa a Nekhel. La strada tra Santa Caterina e Nekhel, così come quella che risale a Nord per Al-Arish è piena di check point, per la vicinanza ad Israele. Al-Arish è proprio la città dove poco più di un mese fa i palestinesi hanno sfondato il muro e sono entrati per rifornirsi di cibo, acqua e benzina, col beneplacido del governo egiziano.

Nei posti di blocco continuano a fermarci. Ora siamo fermi da forse un quarto d’ora (a causa mia) e come altre volte mi hanno chiesto il passaporto.

- Un cane malandato passa a testa bassa e muove timidamente la coda, solo per il fatto di trovarsi a qualche metro da un essere umano -.

Sì, ero io il problema. Nessuno straniero ha il permesso di passare attraverso questi territori, perché zona di confine con Israele e punto di aggregazione di terroristi, e io non ho il passaporto blu. Troviamo per terra un elmetto arrugginito israeliano della guerra del ’73.

Khaled mi ha raccontato come durante gli anni di occupazione israeliana i beduini siano stati viziati e “comprati” dagli israeliani, e come ora sia così difficile lavorarci, perché quello che gli interessa sono le macchine e la possibilità di far denaro.

- Ragazzini che corrono dietro un cammello carico di tappeti che si perde nell’oscurità. Uomini vestiti in abiti tradizionali. Anche loro si coprono il capo –.

La guesthouse degli uomini


Primo villaggio. Sono la sola donna nella stanza, quella principale del villaggio, la “guesthouse” maschile. Siamo tutti senza scarpe, seduti lungo i muri della stanza. Alcuni uomini non mi hanno stretto la mano, ritirandola in fretta con una specie di schiocco, secondo il gesto usuale.

Sono l’unica non velata. Ho i calzettini bassi e mi si vede un po’ di caviglia. Oddio come mi guardano. Ci sono vari giovani. E i bambini. C’è anche una bambina sugli 8 anni, con un lungo vestito blu e un velo bianco, lunghissimo, chiuso sul davanti. Io non tengo le gambe incrociate come gli uomini, ma ma unite e allungate di lato. Non so davvero cosa è accettato e cosa no, e come mi possano considerare. Mi facevano male le gambe, e alla fine mi sono messa a gambe incrociate; non ce la facevo più.

Poi sono andata nella stanza delle donne assieme a Rhim, che riusciva un po’ a tradurre. Abbiamo fatto un po’ di foto e bevuto l'ennesimo thè. Mi mostrano i loro lavori e mi chiedono se sono sposata o fidanzata. La più anziana mi dà un bacio, e mi dice che avrebbe un nipote da farmi sposare.

Secondo villaggio. Non mi ci sono nemmeno seduta alla riunione degli uomini; devo ammettere che mi sento troppo a disagio. Sono andata direttamente dalle donne. Abbiamo fatto un po’ di foto, mi hanno fatto vedere i vestiti che ricamano, e poi mi hanno presa e mi hanno messo prima il velo, e poi sopra il niquab. Mi hanno portato in giro per il villaggio, mostrandomi la gabbia dei piccioni.

Terzo villaggio. Siamo nella guesthouse. La partner del governo si è seduta con le gambe allungate, ma con lo scialle si copre i piedi. Mi pare di ricordare che per loro mostrare le piante dei piedi sia molto offensivo. Odore delle loro sigarette egiziane.

Nella comunità successiva, prima di entrare nella guesthouse, il capo mi si rivolge in arabo, indicando intanto la casa delle donne. Il nostro partner gli dice in arabo, probabilmente, che io dovevo stare con loro, e quindi mi ha invitato a entrare.

Ancora mi chiedo quanto possa essere strano per loro avere una donna nelle loro riunioni.

Gli occhi


In questo sito hanno gli occhi a mandorla, zigomi alti e nasi spigolosi.
Sembrano più tesi, più poveri, più disorientati. Sono meno curati: le unghie, i veli che hanno in testa. Ci sono disturbi della vista ricorrenti. All’inizio mi pareva ci fossero degli occhi chiari, poi ho visto che si trattava di disturbi della retina, o della cornea...Khaled dice che deriva dall'alimentazione.

In un villaggio, c’è un uomo completamente cieco, senza le orbite degli occhi. Gli mancava anche una mano, portata via da una mina. Una bambinetta gli era accanto, ho saputo dopo che era la figlia, e lo assisteva. E’ interessante vedere come in queste comunità, questi soggetti vengano comunque integrati e fatti sposare, e aiutati da tutta la comunità. Nella nostra società ad esempio non era così, e i soggetti anormali erano nascosti e colpevolizzati, in quanto l’anormalità corporea era considerata m
anifestazione di qualche colpa e punizione divina...

L'aria


Questa gente ama gli spazi aperti, ama la distesa gialla del suo deserto. Ama il contatto con la terra e con l’aria, e con loro non vuole nessuna discontinuità. Nelle case molti non fanno nemmeno la gettata di cemento, ma lasciano la terra.

Questa comunità sembra in migliore condizione di quella di ieri. La sala è molto pulita, cuscini puliti, vestiti puliti, visi più sereni, sani, molto rispettosi. La guesthouse ha una finestra. Ha anche gli infissi e i cardini, ma la finestra, semplicemente, è stata rimossa (che se ne fanno…). Altre comunità hanno invece un buco nel soffitto.

Lo sciacallo

Arrivati a una comunità, il vecchio del villaggio mi indica una gabbia, ché notassi qualcosa: avevano imprigionato uno sciacallo, perché mangiava loro tutte le capre. L’avevano rinchiuso in una gabbia di un metro quadrato.

Povera creatura. Non poteva né alzarsi ne camminare. Le zampe anteriori e quelle posteriori gli erano state legate assieme, a due a due. Quelle anteriori avevano un ulteriore laccio che gli impediva di stendere completamente il polso. Ma la cosa più orribile era la museruola fatta di filo di ferro che gli aveva ferito tutta la bocca, ormai completamente piena di sangue; era fissata sul collo, e dava l’idea di stringergli, tant’è che il povero animale aveva gli occhi sembravano scoppiare ed erano completamente rossi di sangue.


I beduini, e anche i nostri partner del governo, ridevano. Io ho avuto uno shock, non riuscivo a mascherare il mio disgusto. Non sono riuscita a raggiungere il mio collega nella discussione con gli uomini. Facevo domande, enfatizzavo il mio sconvolgimento, ma sapevo che non avrebbero capito il mio punto di vista; era impossibile.

Sono la legge della sopravvivenza e la superstizione a dettare le logiche. Lo sciacallo si mangiava tutte le loro capre. Anche Rhim non capiva il mio atteggiamento. E allora perché non lo uccidono? Che senso ha tenerlo così? Sono riuscita a farmi spiegare infine, che di lì a poco lo avrebbero sì sacrificato, perché il grasso e il fegato dello sciacallo sono considerati curativi.

Falsi progressi 

Pare proprio che in questi posti della nostra cultura arrivino solo i valori negativi legati al consumismo. Quelli positivi legati ai diritti, no. La mentalità resta la stessa: quella contadina, ma con l’aggravante di un’avidità e una bramosia per la ricchezza facile che di solito non appartiene alle popolazioni rurali.
Arrivano i cellulari, il satellite, i 4X4; ma i diritti no. Le donne continuano a vivere nei loro timori e nella loro timidezza, gli animali continuano ad essere sacrificati in base a superstiziosi ancestrali (come lo sciacallo). Altre volte penso semplicemente che la cooperazione allo sviluppo è una bufala; non ce la faranno ma; e poi penso: ehmbè? Stanno tanto bene loro, perché dovrebbero diventare come noi? Guardo questi bambini: probabilmente non andranno mai al di là della scuola primaria, ma...noi nel nostro mondo siamo contenti?

(to be continued)

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